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venerdì 13 aprile 2012

Storia della Garbatella: i bombardamenti del 1944

bombardamenti su via Matteucci angolo via Ostiense - Foto di mio nonno



Dei bombardamenti su Roma, quelli che sono rimasti impressi nella memoria cittadina, sono quelli del 19 luglio al quartiere S. Lorenzo. 
Meno noti ai romani, ma non agli abitanti del nostro quartiere, sono quelli che il 7 marzo del 1944 colpirono il quartiere Ostiense, con l’intento di distruggere la ferrovia e il polo industriale, ma il lancio delle bombe, fu alquanto impreciso e finì per colpire non solo la via Ostiense, ma anche una parte della Garbatella. Sulla via Pellegrino Matteucci, furono distrutti palazzi e l’edificio della tipografia Luigi Salomone.



Stabilimento Salomone - foto di mio nonno



Nel nostro quartiere, la zona più colpita fu quella dell’attuale Circonvallazione Ostiense. La grande arteria che nel lontano 1944 era appena tracciata ma non ancora costruita. In tutta quella vasta area si ergevano soltanto i quattro grandi edifici dei cosiddetti Alberghi, la chiesa e l'ospizio di Santa Galla, poco discosti il convento delle monache benedettine di Via della Moletta, le case dei ferrovieri di Via Pigafetta e di Via Girolamo Benzoni e, a ridosso della Via Ostiense, alcuni palazzi di Via Pellegrino Matteucci. Per il resto, in tutta quella vasta area c'era il vuoto, acquitrini, canneti e la marrana dell'Acquataccio, ovvero l'Almone un affluente del Tevere ora coperto dalla via Circonvallazione Ostiense e convogliato sotto terra.

Chiesa di S. Galla ricostruita dopo la guerra


Di quel tragico giorno, ci sono moltissime testimonianze e documenti storici, restano toccanti, alcuni stralci, tratti dal diario dell’allora parroco di S. Galla: Don Teocle Bianchi. Don Bianchi, dopo aver tenuto un diario in cui aveva registrato le sue testimonianze dirette sulle drammatiche giornate seguite all'Armistizio dell'8 settembre del '43, aveva in seguito ricostruito anche i suoi ricordi sui bombardamenti del marzo '44.

"Più funesto fu il bombardamento del martedì successivo 7 marzo. Stavo per recarmi in città, quando verso le 10 suonò la sirena. Tutti corsero al ricovero. Mi ricordo che era affollatissimo quello del Lotto 41 (il cosiddetto Albergo Bianco). C'era presente un po' tutta la parrocchia. Con viva commozione recitammo il Santo Rosario. Al termine, avevo appena dato l'assoluzione, quando un enorme fragore e lo spostamento d'aria ci spinsero verso l'uscita. Le prime bombe caddero poco distanti da noi. Che spavento! La mia veste talare diventò più bianca della neve. Dopo circa un'ora la seconda ondata. Le bombe caddero anche nella zona vicina a Piazza Pantera. Mi trovavo con il padre Alfredo Melani, dei Filippini di Sant'Eurosia. Ci assolvemmo reciprocamente. Tragico il bilancio, circa 50 morti, molti del Lotto 41. Tanti i feriti. Provvidenzialmente si salvarono ben 50 bambini, forse anche di più, dell'asilo nido della Maternità del Lotto 41. Nella febbrile opera di soccorso si distinsero i sacerdoti di San Francesco Saverio e di Sant'Eurosia".




Nella confusione, scrive, "Avvenne che i bambini furono battezzati più volte e i feriti ricevettero ripetutamente l'olio santo. Un vecchio totalmente sordo, non avendo sentito nulla, non voleva essere portato in salvo. Un uomo si salvò provvidenzialmente essendosi spostato più volte: dove era prima caddero le bombe. La domenica precedente un parrocchiano era venuto per il battesimo del figlio. Nel lasciare Santa Galla, mi augurò di rivederci presto. Purtroppo lo attendeva la morte il martedì appresso con tutta la famiglia. Un sacerdote, non ricordo chi fosse, riuscì a salvare una diecina di ricoverati nel rifugio del Lotto 42, l'Albergo Rosso". "L'opera di soccorso durò intensamente tutta la giornata, fino alla sera. Nel pomeriggio - continua don Bianchi - venne il cardinal Traglia,...ci promise che da parte del Santo Padre ci avrebbe mandato del pane...Intanto a Santa Galla non era più possibile dormire: vetri rotti, dappertutto calcinacci, tutto pericolante. La sera fui ospite di un parrocchiano, Pietro Sannitu, al Lotto 43, il Terzo Albergo. Quando ebbi un po' di quiete dopo una giornata tanto agitata non potetti trattenere il pianto...Al mattino celebrai a San Francesco Saverio. Arrivò il pane del Santo Padre. Ben 250 kg di pane bianco: che fragranza! Tanti i sinistrati venuti a ritirarlo. A ciascuno potetti dare soltanto uno sfilatino, di più non si poteva. Era ricevuto come un tesoro! A ciascuno poi diedi il certificato del sinistro. E così trascorsi tutta la giornata nel distribuire sfilatini e certificati".

Il racconto prosegue. "Nei giorni successivi continuò febbrile l'opera di rimozione delle macerie e di diseppellimento delle salme. Varie vennero alla luce. Io ero chiamato per la benedizione. Che scene strazianti! Specialmente i giovani commuovevano tanto. Ammirevole un parrocchiano: per una settimana e oltre scavò tra le macerie per ritrovare la salma della vecchia madre. Quando la trovò, mi chiamò per benedirla... Incominciai ad abitare a San Francesco Saverio e rimasi presso quella parrocchia per oltre 3 anni. Ero sempre parroco a Santa Galla, ma la chiesa era chiusa perchè pericolante... (Fu riaperta nel Natale dell'Anno Santo 1950). Ogni mattina dicevo la Santa Messa in via della Moletta, nella cappella tanto piccola delle suore benedettine... Ma i parrocchiani li incontravo a San Francesco Saverio, dove esercitavo il ministero sacerdotale...".



Da Cara Garbatella

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